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In molte tradizioni orientali ed occidentali, a febbraio si ricordano figure emblematiche che rinviano all'idea di amore ed educazione. A sessant'anni dalla morte, ricordiamo un poeta che abitò a Bari tra il 1913 e il 1962: Hrand Nazariantz, primo barese candidato al premio Nobel per la letteratura e unico personaggio storico italiano ad essere sepolto nella strada che porta il suo nome, tra i primi autori allofoni della letteratura italiana.

 Da non-italiano scriveva nella nostra lingua e la amava, divulgandola. Armeno di origine e, pur venendo da una famiglia agiata, in Italia patì fame e freddo, ma non si diede per vinto e grazie ad alcune società filantropiche si impegnò a far giungere decine di Armeni scampati alla pulizia etnica e alla politica genocidiaria dell'Impero Ottomano, costruendo un insediamento per ospitare i profughi.

 

Nazariantz al Villaggio Armeno

Sorto alla periferia di Bari, "Nor Arax", dal nome del fiume Arasse, aveva lo scopo di accogliere i lavoratori dei tappeti, antica arte in cui gli Armeni eccellono da secoli. L'utopia di Nazariantz nasceva dall'idea che il lavoro renda fratelli tutti e gli esseri umani davvero liberi. Da questo luogo il poeta contribuiva all'educazione della comunità armena e partecipava all'istruzione di adulti e minori che abitavano nelle zone limitrofe.

 

Alcune rare immagini ci rimandano alla figura di Nazariantz che insegna nell'aula del villaggio. Può sembrare una delle classi del CPIA... Per il suo grande spirito umanitario Nazariantz rifuggì qualsiasi oppressione politico-statalista ed entrò a far parte anche del movimento liberal-socialista. Nel villaggio trovarono ospitalità anche oppositori al regime fascista ed esponenti della comunità ebraica barese.

 

Durante la guerra collaborò alle trasmissioni di Radio Bari per continuare ad educare gli italiani anche sotto le bombe, ma dopo la guerra non riuscì a trovare una occupazione stabile, finendo in tale miseria da non consentirgli di avere un tetto e un pasto quotidiano e, cosa per lui più grave, di non disporre neppure di carta, penna, o olio di lanterna con cui poter scrivere. Eppure continuò a tenere alta, fino all'ultimo, la bandiera dell'educazione e della cultura, in una parola, dell'Umanità.

 

Carlo Coppola

La foto appartiene alla Collezione del Centro Studi Hrand Nazariantz di Bari

Il video sotto è realizzato dalla sede RAI Puglia

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